Il documento quì presente sottolinea il più grande problema del primo dopoguerra, ovvero i reduci mutilati o diventati invalidi. Le origini del sostentamento economico o personale ai mutilati arrivano dall’ antica Grecia o Roma, ove al reduce venivano conferite medaglie d’ onore e lo stato si prendeva cura degli eventuali figli.
L’ associazione nazionale fra mutilati ed invalidi di guerra nasce dopo la guerra italo-turca (1911 e 1912 per la conquista della Libia) che con la legge del 23 giugno 1912 istituisce la “pensione privilegiata di servizio”. Solo dopo la prima guerra mondiale, che lasciò circa 470.000 invalidi, con la legge del 12 luglio 1923 furono accolte le aspirazioni dei mutilati di guerra di ottenere un riconoscimento e di una minima pensione.
Venne fatta una distinzione: chi non riusciva più a provvedere a se stesso e chi, anche se mutilato, riusciva ancora a lavorare e a continuare la vita di prima.
Ai primi venne data una “pensione” per riuscire economicamente ad essere sostenuti, ai secondi vennero dati posti di lavoro statali e privilegi.
Il documento
Il documento firmato a Bengasi il 14 Dicembre 1933 e diretto alla sezione mutilati e invalidi di guerra a Milano, ha come oggetto il possibile rimpatrio di un impiegato delle poste italiane in stanza ad Agedabia e Colà.
Da esso si deduce che l’ associazione nazionale fra mutilati e invalidi di guerra chiedeva il rimpatrio a causa di un polmone lesionato.
L’ impiegato, oltre ad aver avuto complicanze fisiche derivanti dalla prima guerra mondiale, potrebbe aver avuto anche un possibile contagio di una malattia africana che avrebbe compromesso definitivamente i suoi polmoni.
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