Grande Guerra a Vicenza


La bellissima città di Vicenza ha una storia militare non indifferente, dai moti del 1848, La Grande Guerra e infine il secondo conflitto mondiale.
Vedremo oggi in questo articolo i principali avvenimenti che toccarono la città durante il primo conflitto mondiale.


Teniamo quindi ben in mente, che essendo stato capoluogo di una provincia “in prima linea” gli approvvigionamenti, la retrovia, i bombardamenti e soprattutto la paura della cittadinanza di tornare nuovamente austriaca fece sì che Vicenza, Venezia e le altre città venete vissero la guerra con grande terrore.

Obiettivo austro-tedesco infatti soprattutto nelle fasi della Spedizione punitiva “Strafexpedition” (1916) e durante la battaglia del Solstizio (1918) era conquistare l’altopiano di Asiago, scendere in pianura e prendere Vicenza. A Est invece, prendere Venezia così da distruggere tutte le armate italiane schierate sul Piave.

Vicenza nella Grande Guerra

– Le premesse e il quadro generale.

Dobbiamo inevitabilmente parlare di politica se dobbiamo comprendere a come si arrivò al fatidico 24 Maggio 1915.

Nonostante i rapporti con la vicina Austria si erano riappacificati (a testimonianza di ciò, spesso ufficiali e reduci delle battaglie del 1848 a Vicenza si ritrovarono al monumento ai caduti al cimitero maggiore di Vicenza) la situazione negli dagli anni 1908 in poi, sembrò a tutto il continente europeo molto ambigua.

Difatti mentre su carta l’Italia e Austro Ungheria erano alleate all’ interno della Triplice Alleanza. Entrambi i paesi iniziarono molti anni prima dello scoppio del conflitto un’enorme opera di fortificazioni lungo il confine.

Dall’altopiano di Folgaria all’ Altopiano di Asiago fino a giù nelle Valli del Brenta, iniziò un vero e proprio enorme cantiere. Vennero così costruiti numerose piccole fortificazioni e veri e propri forti.

Entrambi gli alleati iniziarono a non fidarsi a vicenda, e soprattutto memori delle gesta che immolarono numerosi patrioti nella liberazione dall’ occupante austriaco nel periodo dell’ Indipendenza. L’ Italia infatti non aveva chiuso con l’ Austria e anzi, Trento e Trieste (con una buona parte di popolazione a favore per annessione all’ Italia) erano gli obiettivi latenti che lo stato e la popolazione voleva ottenere.

Abbiamo visto in poche righe, quindi,  le premesse italiane per l’ entrata in guerra. E’ a parer mio e di numerosi altri storici che per il caso italiano, dobbiamo sì parlare di conflitto mondiale ma,  per certi versi anche ultima guerra di Indipendenza d’Italia.

La tensione sui confini Italo-austriaci soprattutto all’indomani dell’ attentato all’ arciduca Ferdinando a Sarajevo, salì esponenzialmente e a prova di ciò, l’ aria pesante era stata percepita in primis dalle popolazioni dell’ altopiano di Asiago che spesso per i più svariati motivi si trovavano vicino al confine

Vicenza nella Grande Guerra – 1915

23 maggio 1915, la provincia di Vicenza è dichiarata “zona di guerra” e viene imposto l’oscuramento.

24 Maggio 1915 – è la guerra! La provincia di Vicenza si sveglia in un incubo che da lì a qualche anno distruggerà ogni cosa. All’ alba i primi colpi italiani dal Forte Verena tagliano la pace degli altopiani veneto-trentini.

Vicenza entra in guerra e se non nell’immediato, il Capoluogo diventa fin da subito un importante crocevia dal fronte. La stazione ferroviaria alimenta le incertezze o per alcuni, la salvezza. Treni su treni portano ogni tipo di attrezzatura, dalle tende ai muli, dagli ospedali da campo alle munizioni fino a migliaia di nuove leve che andranno a posizionarsi vicino al confine.

Il tumulto generale viene calmato, come ricorda De Mori, da una grande pace e senso patriottico dalla popolazione vicentina che con grande emozione forse un po ‘ancora ricorda gli eventi risorgimentali. Di sicuro non possiamo parlare di felicità e senso patriottico per le popolazioni dell’ altopiano di Asiago, che si ritrovarono nei boschi limitrofi migliaia di soldati, trincee e fortificazioni oltre al divieto (vedi pastorizia) di potersi avvicinare a quei boschi.

Ricordiamo infatti che nel primo periodo si combatté una “guerra dei forti” e che quindi lasciava ancora in apparente calma tutti i 7 comuni.

In tutta la città vengono affissi volantini propagandistici e soprattutto il Manifesto che cita:

“La grande Madre chiama alle armi i figli suoi” triste presagio di cosa avrebbero affrontato da lì a poco migliaia di giovani. Ma continua il manifesto ricordando il 48’ ..

“Memori dell’ epica pugna per cui il nome di Vicenza è scolpito a caratteri d’ oro nella storia del  Patrio Riscatto; col pensiero rivolto ai nostri morti sul Berico colle e alle nostre mura seppero il dolce sacrificio di morir per la Patria, ascoltiamo anche noi la voce augusta dell’ Italia” 

– Manifesto del 1915, Vicenza

La mattina del 24 Maggio si conclude con una Vicenza piena di bandiere tricolori e con una grande folla in tutte le vie del centro e in primis Piazza dei Signori si raduna urlando “ w l’Italia , w Trento e W Trieste”.

Arrivarono così anche i primi profughi, in numero assai minore dalla conseguenza della strafexpedition dell’ anno successivo. I vicentini videro così la prime “facce” della guerra.

Dall’altopiano di Asiago iniziarono ad arrivare a Vicenza i primi feriti e, dalle zone dell’ alto Astico, i primi profughi. Vennero fatte evacuare tutte le famiglie da Lastebasse a Pedescala  (circa 4000). La città dunque si ritrovò a dover ri organizzare molti spazi pubblici e in molti casi, anche ad espropriare per far fronte alle esigenze militari e sociali che dall’ entrata in guerra non fecero altro che peggiorare.

Per la sua vicinanza al fronte Vicenza divenne sede di importanti comandi militari:

  • Palazzo Trissino (municipio) – comando 1 armata Generale Pecori Giraldi.
  • Palazzo Bonin – comando 6 armata Generale Luca Montuori  (Fronte Altipiani).
  • Ville Valeri e Vaccari – comando 5 armata Generale Ghersi (settore Pasubio, Vallarsa Val Leogra).
  • Scuole comunali di Valdagno – Generale Aliprindi.

Iniziò così per la popolazione vicentina il dramma delle limitazioni. Con un’Italia prevalentemente contadina possiamo solo immaginare che gran problema si creò.

Con il territorio in stato di guerra, iniziarono gli espropri di beni di prima necessità o per necessità militare (muli, cavalli ecc) inoltre nell’ altopiano di Asiago venne messo il coprifuoco e in città per il momento vi era l’ obbligo di spegnere tutte le luci oltre che di avere particolari permessi per transitare in determinate aree.

I bombardamenti aerei su Vicenza e provincia.

Mentre la guerra infuriava nell’ altopiano di Asiago, la popolazione scoprì una nuova arma: L’ aereo.

L’ aeronautica militare fece enormi passi e i primi usi furono sostanzialmente per osservazione. Numerose sono già nel 1915 le sortite austriache che, con gli aerei uncinati, sorvolano la provincia e in primis Vicenza. Da qui infatti nasce il problema di dover fortificare le città con batterie anti aeree. Gli aerei austriaci potevano così scattare fotografie, prendere appunti e in alcuni casi lanciare qualche piccola bomba.

A prova di ciò si segnala il primo “bombardamento” (i piloti austriaci lanciarono in totale 9 bombe, niente a che vedere con i bombardamenti  a tappeto del secondo conflitto mondiale)  su Vicenza il 14 Settembre 1915. Quel giorno si segnalarono 7 feriti e l’allarme non venne dato subito perché molto probabilmente gli aerei austriaci erano stati camuffati con i colori italiani.

Delle 9 bombe una cadde nel cimitero maggiore e una centrò l’ osteria in via Zambeccari fuori porta Santa Lucia.

Il 18 Settembre 1918, una nuova incursione austriaca alle 8 di mattina fece la prima vittima: una donna proprio nelle vicinanze di Ponte degli angeli intenta a lavare i panni nel Bacchiglione perì per lo scoppio di una di essa. Lo stesso giorno ci furono altri 5 feriti.

Le prime incursioni aeree nel vicentino:

  • 30 Maggio 1915: un aereo austriaco lanciò 3 bombe sull’abitato di Asiago.
  • 7 Luglio 1915: un aereo austriaco lanciò su Schio delle bombe senza causare danni.
  • 22 Luglio 1915: alcuni aerei austriaci lanciarono alcune bombe provocando la morte di due civili.
  • 22 Agosto 1915: un’incursione provoca due vittime a Schio.
  • 14 Settembre 1915: un aereo austriaco lanciò 9 bombe su Vicenza e venne feriti 7 civili.
  • 18 Settembre 1915: un aereo austriaco lanciò 5 bombe su Vicenza, prima vittima del capoluogo.
  • 18 Settembre 1915: Nello stesso momento che Vicenza subiva i bombardamento, Bassano era altresì sorvolato da un velivolo che lanciò alcune bombe. Una di esse perforò il tetto dell’attuale ponte degli Alpini.

Analoghe sorti con ricognizioni e bombardamenti sono segnalate il 19 Settembre 1915 a Seghe di Velo, 23 Settembre 1915 Tonezza del cimone, il 28 Settembre 1915 Tonezza e Asiago, 8 Ottobre 1915 Rocchette.

La difesa anti-aerea di Vicenza

Vista la grande paura che incutevano questi velivoli, le prime vittime e i danni causati, Vicenza adottò diverse contromisure: A Monte Berico una compagnia di fucilieri territoriali, fucilieri in altana in altri luoghi chiave e una piccola sezione fucilieri sul tetto della stazione di Vicenza.

Nella Torre Bissarra invece, vi era una sirena elettrica che veniva azionata dalle vedette posizionate nella suddetta torre e un’ altra sirena nel campanile di Monte Berico. Vi era anche lo sparo di 3 cannonate da Monte Berico come ulteriore allarme per la comunità.

A protezione dei cittadini venne anche promulgata un’ordinanza che imponeva di tenere porte e portoni socchiusi, che in caso di allarme, dovevano fungere come primo “rifugio”. I dati di fine guerra mostrano che le incursioni aeree ( e bombardamenti) su Vicenza furono una quarantina con oltre 200 bombe sganciate, 23 morti e 75 feriti.

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Palazzo Scrofa colpito da una bomba austriaca il 20-02-1918.

(Copyright “Vicenza nella Grande Guerra”, De Mori)

Vicenza nella Grande Guerra – 1916

L’ inizio del 1916 non segna grandi cambiamenti in tutta la provincia. le città venete se non per le innumerevoli incursioni aeree austriache e per il via vai di soldati vivono ancora “tranquille”. Esistono già tuttavia i primi problemi di razionamento e la costruzione dei primi rifugi anti-aerei.

Anche la popolazione dell’ altopiano sembra in una relativa calma nonostante i forti echi delle cannonate che arrivano da Nord verso Il Vezzena e Folgaria.

La situazione rimase invariata fino a Maggio 1916. Il 15 Maggio 1916 iniziò la Strafexpedition.

La spedizione punitiva austriaca organizzata nei dettagli per molti mesi aveva accumulato una gran forza distruttiva: Dai 1500 ai 2000 cannoni di vario calibro, 18 nuove divisioni con oltre 400.000 uomini e tutto un nuovo apparato logistico a sostegno della “spedizione”. L’ offensiva venne affidata all’ 11 armata ai comandi del Generale Dankl(che doveva conquistare la zona che va da Camporovere a la sella di Carbonare) e alla 3 armata ai comandi del Generale Von Koevess (conquistare tutto il rimanente dell’ Altopiano).

L’ obiettivo dell’ offensiva era proprio di scacciare gli italiani dall’ altopiano di Asiago e puntare alla Pianura, l’ 11 armata infatti avrebbe anche dovuto sfondare le resistenze, scendere nell’ Astico e avanzare per primo nella pianura vicentina.

Arrivato a Vicenza l’ arciduca Carlo D’ Asburgo a capo del 20 corpo d’ armata avrebbe dovuto conquistare Thiene e poi Vicenza fermandosi a Monte Berico.

Il 15 maggio su tutto il fronte iniziò l’ inferno tutte le bocche da fuoco sputavano proiettili in tutte le direzioni anche e soprattutto sui centri abitati dell’ Altopiano. Ecco quindi che inizia il vero esodo. Migliaia e migliaia di profughi si accingevano verso la pianura con i pochi averi guardando da lontano le loro case in fiamme.

In uno sgomento generale anche da parte delle armate italiane che si trovarono impreparate da tale poderoso bombardamento e successivamente dal numero di uomini che il comando austriaco era riuscito a riunire per l’ offensiva, i profughi vennero sostanzialmente abbandonati.

Per molti di loro era la prima volta che scendevano in pianura. I più fortunati si trovarono ad alloggiare con le poche cose che erano riusciti a portare via di fretta nei comuni vicentini al di sotto dell’ Altopiano, altri finirono in terre lontane nel sud Italia.

Di questi ultimi il destino fu crudele perché non conoscendo il dialetto delle zone e non avendo una minima conoscenza di altre culture, spesso non vennero aiutati dalle popolazioni locali e anzi, malvisti per essere “scappati”o “spie”.

Vicenza si ritrova in un caos generale, migliaia di profughi nella città.

La Srafexpedition

“16 Maggio 1916, Appare la maschera tragica della guerra. Donne, uomini e bambini fuggono precipitosamente da Gallio e oltre . Fuori dall’ incubi del cannone. L’aeroplano nemico dall’ alto li spia. Una vecchia lascia le chiavi di casa ad un soldato e implora: mi raccomando di dare acqua ai fiori!

….

17 Maggio 1916 – continua l’ esodo. Carri, carretti e bestiame, donne, bambini, cose,

Così fugge il corteo dolorante.”

Attilio Frescura

Tra il Maggio e Giugno 1916, i profughi dell’ alto vicentino ammontarono a circa 76.338; ovvero quasi 20.000 nuclei famigliari. 24.374 appartenevano alla zona di Schio, 22.153 alla zona di Asiago, 21.955 dalla zona di Bassano e  6.928 alla zona di Thiene.

I profughi in un primo momento vennero sistemati a:Noventa Vicentina (Asiago), Albettone (Gallio), Nanto ( Tresche Conca), Barbarano (Rotzo), Pojana Maggiore (Roana, Canove,  Camporovere e Cesuna).

Nel giro di pochi giorni l’offensiva austro-ungarica riuscì ad occupare luoghi chiave: Il Zugna, Col Santo, buona parte del Massiccio del Pasubio, Monte Toraro, l’altopiano di Tonezza, Il Portule, bocchetta Portule e la Piana di Marcesina.

Il 25 Maggio 1916 le truppe austro-ungariche riuscirono ad arrivare ad Arsiero e ad attestarsi in posizioni chiave per continuare l’offensiva in direzione Vicenza – Venezia e far capitolare l’Italia.

Il 29 Maggio 1916 fu occupato il Forte Corbin e l’avanzata continuò fino al Monte Cengio.

Proprio da cime come Il Cengio, che le truppe Austriache pensavano di avercela quasi fatta; difatti con i cannocchiali scrutavano Vicenza e più il là Venezia. Voci popolari affermano che sia nel 1916 che nel 1918 da Monte Berico si riuscisse a vedere i “flash” dei bombardamenti.

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L’interno della chiesa di Gallio dopo la Strafexpedition.

(Archivio storico Galvanin)

Insomma per Vicenza era spettrale vedere che le truppe “nemiche” avevano conquistato così tanto territorio da poter osservare Vicenza con paurosa vicinanza. Sembrava ormai riuscita l’offensiva, ma tuttavia il comando supremo Italiano riuscì a mandare più di 100.000 uomini dal fronte Giulia e arrestare l’avanzata.

Il generale Cadorna intanto vista la situazione, giunse a Vicenza e installò la sua residenza a Villa clementi (Monte Berico) che con una stupenda vista su Vicenza e sull’ Altopiano poteva osservare in prima persona quanto effettivamente il fronte fosse vicino alla pianura e al limite del crollo.

Dobbiamo inoltre sottolineare che le truppe austriache avvicinandosi così tanto alla pianura iniziarono a bombardare i centri abitati sottostanti come Schio, Caltrano, Carrè, Chiuppano, Cogollo ecc. provocando ancora più paura alla popolazione e altri profughi.

In quei giorni la città di Vicenza veniva dichiarata “zona di operazioni”. Il Sindaco di Vicenza Licinio Munzani, visto il pericolo cercò di avvicinare i comandi militari all’ amministrazione, richiese maggiore difesa per la città e soprattutto mise su carta un piano di evacuazione per l’ intera città.

Lo sgombero della città avrebbe portato tutti i cittadini di Vicenza a Ferrara. Il territorio comunale sarebbe stato diviso in tre settori e l’evacuazione sarebbe stata gestita con l’ aiuto delle forze armate.

Aumenta la difesa anti-aerea a Vicenza – 1916

In quei nefasti giorni di offensiva sulle montagne vicentine aumentarono anche le incursioni aeree e i cittadini di Vicenza poterono così anche assistere ai primi combattimenti aerei.

Il comune dunque, vista l’ allarmante situazione difensiva della città, chiese e ottenne un rafforzamento delle forze antiaeree in città.

Il 30 Agosto 1916 in un rapporto del comandante di presidio Colonnello Brigadiere Sozzani affermava che in città vi era a Vicenza: (A) Un comando, (B)tre postazioni di artiglieria, (C)cinque posti di fucileria, (D)quattro stazioni fotoelettriche, (E) due posti di vedetta e (F)un posto di segnalazione.

  • (A) Comandante Colonnello Maccari Luigi, due subalterni, tre telefonisti per il mattino e due per la notte, un piantone, un motociclista e un attendente.
  • (B) Le postazioni di artiglieria: Una postazione a Monte Berico nei pressi di Villa Tecchio, Una postazione sul Monte Crocetta, Una postazione nei pressi di Anconetta a Ca’ Pasetto.
  • (C) Posti di fucileria: Tre permanenti di giorno e di notte e due solo per la notte. Uno è a Campo Marzio al di sopra dell’ ex teatro Verdi, uno era nell’ ex fabbrica di concimi chimici a Campo di Gallo , uno era a fontaniva. Vi erano anche dei reparti mobili che stazionavano uno a San Felice e uno a Ponte delle Bele.
  • (D) Stazioni fotoelettriche: Erano quattro: una nei pressi di Villa Saccardo (laghetto), una a Ca’ Impenta, una a Monte Bellaguardia e una a Monte Crocetta.
  • (E) Posti di vedetta: Erano due: uno sulla torre di Piazza dei Signori e uno sul campanile di Monte Berico.
  • (F) Posti di segnalazione: Al comando della 71 squadriglia aviatori di Villaverla
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Bloccata la Strafexpedition, i comandi italiani organizzarono una contro-offensiva che, sotto diversi punti vista, risultò soddisfacente e diede un po ‘di respiro alla città che poteva dirsi “salva” da una possibile invasione.

La contro-offensiva italiana del 1916 sull’Altopiano di Asiago.

Tra il 22 e 24 Giugno 1916 vennero occupate dagli italiani le pendici a sud est di Cima Mezzana, la riva a sinistra di Valletta di Piazza sul Pasubio, i valloni di Monte Pruche nell’alto Posina. La pressione Italiana provocò il ripiegamento austro-ungarico e le truppe italiane sfruttarono la ritirata per penetrare e riconoscere il nemico.

Il 25 Giugno 1916, le truppe Italiane raggiunsero ed espugnarono la linea di difesa austriaca Valletta di Campomulo –Gallio – Asiago e la linea Monte Belmonte- Monte Barco – Monte Cengio. Asiago dunque tornava italiana. Sul Fronte del Posina le truppe Italiane si impadronirono del Monte Priaforà e cercavano la discesa nella valle. Nell’ alta Vallarsa venivano espugnate Raossi e le pendici del Monte Menerle. 

Il 26 Giugno 1916, le truppe italiane riuscirono ad occupare Posina e la conca di Arsiero, mentre nell’ altopiano di Asiago ritornarono Italiane Punta Corbin, Cesuna, Valletta di Nos, e monte Keserle. Nei giorni successivi numerose conquiste Italiane nella Zona di Monte Cimone, Pasubio e Ortigara riportarono la zona di Asiago sotto il controllo Italiano.

La situazione logistica nella Provincia di Vicenza e il grande freddo – 1916

Ci si rese conto che sia nel momento di bloccare la Strafexpedition, era stato richiesto un enorme sforzo logistico di ogni tipo. Per vicenza e comuni limitrofi erano assai pochi i modi per trasportare feriti, armi, munizioni e tutto quello che il fronte chiedeva da e per la pianura/fronte.

La carenza comportò l’ inizio dei lavori in tutta la provincia. Fu così raddoppiata la tratta ferroviaria (furono raddoppiati i binari) della tratta Vicenza- Schio raccordandosi direttamente con le tratte Vicenza – Padova e Vicenza- Treviso grazie alla costruzione di una stazione intermedia situata a Cavazzale.

Furono anche costruite nuove stazioni intermedie nella linea ferroviaria Bassano – Primolano.

Nel vicentino vi erano anche due campi di prigionia: entrambi presenti a Vallonara (Marostica) fungevano come primo campo di detenzione per poi essere trasferiti in tutta Italia. Si pensi che nel Novembre 1918 i due campi contenevano oltre 20.000 prigionieri.

Un vero problema per la popolazione fu la requisizione: Le requisizioni avevano affamato tutta la provincia, bovini, foraggi, grano formaggio ecc. venivano ripetutamente requisiti per il bene dell’ esercito. Le quantità di frumento ad esempio dovevano essere denunciate alle autorità, così la popolazione in molti casi per sopravvivere iniziò a nascondere alcuni beni di prima necessità. L’ inverno tra il 1916 – 1917 fu uno dei più gelidi di sempre. In tutto l’ arco alpini entrambe le parti si immolarono portando la guerra ai limiti dell’ immaginabile.

Dai 3000mt delle montagne più a Nord ai 1000 delle montagne Vicentine in comune vi fu il grande freddo. Temperature estreme e le grandi nevicate “congelarono” il fronte.

Anche la popolazione Vicentina risentì fortemente dell’inverno 16/17. Il razionamento dei beni alimentari, l’ illuminazione scarsa a “canfini” che funzionavano a petrolio (anche quello razionata) la poca legna rimasta in giro per la popolazione ecc. non lasciarono scampo al freddo anche nelle loro case lontano dal fronte.

Vicenza nella Grande guerra – 1917

Il 1917 aprì le porte a un nuovo scenario, sia a livello Europeo che nell’ altopiano di Asiago.

Entrarono in guerra gli Stati Uniti che dettero un enorme impulso, sia a livello economico che a livello militare. Ci fu anche l’uscita dell’Impero Russo dalla guerra che comportò in Altopiano l’arrivo di nuove truppe, di cui anche armate tedesche. Mentre, da parte alleata, arrivarono in altopiano truppe Franco/Inglesi che aiutarono fortemente e sostenere l’ultima resistenza.

Operazione K

Gli Italiani, per consolidare la presenza nei punti strategici e far ritirare il nemico su posizioni più a Nord (cercando così di occupare le posizioni pre strafexpedition), prepararono una nuova offensiva, ovvero“operazione K”. Sull’ altopiano il generale Cadorna schierò 154 battaglioni con più di 300.000 uomini. La battaglia dell’Ortigara fu uno degli obiettivi dell’operazione K, dove più di 24.000 alpini si immolarono per conquistare una cima, perduta poi la settima dopo.

L’ estate del 1917 rimase sostanzialmente immutata, vi furono grandi opere ingegneristiche come la strada delle 52 gallerie sul Pasubio o gli innumerevoli opere idrauliche/logistiche per arginare il problema dei rifornimenti alle prime linee.

Vicenza tuttavia non dimenticò il reale pericolo di sfondamento in pianura del nemico dell’ anno precedente. Fu così che il comando generale chiese aiuto agli “alleati”, arrivarono così le prime truppe francesi e inglesi nel vicentino.

Francesi e inglesi nel vicentino

L’ arrivo di codeste truppe dobbiamo focalizzarlo principalmente come supporto. Tuttavia soprattutto all’ indomani di caporetto fino alla fine del conflitto entrambi gli eserciti stranieri si immolarono sia sul fronte del Piave che sull’ altopiano di Asiago.

FRANCESI

I primi veri contatti con le truppe francesi si hanno già l’ 8 Aprile 1917 quando il Generale francese Foch si incontrò a Vicenza con il Generale Cadorna per esaminare la situazione militare italiana e dove poter impiegare le truppe franco-inglesi.

Le truppe francesi in primo luogo vennero stanziate nella linea Priabona – Vicenza e quelle inglesi nella linea Vicenza – Montegalda . Tuttavia fin da subito, nonostante la popolazione vedesse con buon occhio questi soldati vestiti in modo strano (pensiamo alle truppe scozzessi con il Kilt) ebbero non pochi problemi ad acquartierarsi per via delle poche case libere, i migliaia di soldati italiani già presenti e i numerosi profughi che erano sparsi in tutta la provincia.

L’ otto Gennaio 1918 il Generale francese Fayolle trasferì il quartiere generale francese a Vicenza e diede il via al posizionamento delle truppe nelle prealpi vicentine. Di sei divisioni arrivate in italia 4 alla fine tornarono in patria per le importanti vicende che stavano accadendo in Francia. Le restanti due ( la 23 e la 24) vennero stanziate sull’ altopiano di Asiago in rinforzo alla 6 armata.

Più precisamente i francesi (circa 130.000) diedero enorme aiuto nel settore sud dell’ Altopiano di Asiago e nel Grappa.

Le posizioni francesi nell’ altopiano vantavano di una linea di circa 3 km di fianco (a Ovest) alle truppe inglesi: Dallo spiazzo del “Prunno” alla località “Fratta” fino alle pendici del Monte Tondo e località Pennar di Asiago. La seconda linea: Granezza – Camporossignolo – Monte Gusella e Monte Cimone. La Terza linea,ovvero quella marginale prima della pianura: Dal Monte Corno al Monte Bertiaga.

Di notevole interesse sono anche i collegamenti francesi in località Puffele, Campomezzavia, Turcio e val Chiama, che nel 1918 durante la battaglia del solstizio furono capisaldi di estrema difesa per bloccare la discesa del nemico in pianura.

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Truppe Francesi davanti al capitello Pennar (Asiago)

(Copyright: ECPAD – “Grande Guerra britannici sull’altopiano dei sette comuni” di Francesco Brazzale e Andrea Vollman – Gino Rossato Editore)

INGLESI

Le truppe Inglesi arrivarono l’ 11 Novembre 1917. Dal fango delle Fiandre alle montagne venete fu un vero stupore per le truppe inglesi. Anche la popolazione rimaneva ammaliata dalle uniformi di sua maestà.

Con l’ offensiva scatenata dai tedeschi in Francia, le forze inglesi in italia vennero riorganizzate lasciando in Italia 3 divisioni su 5. Il comando inglese sotto gli ordini di Lord Cavan venne istituito a villa Godi valmarana a Lonedo di Lugo forte di oltre 40.000 uomini.Le divisioni inglesi vennero dai primi del 1918 schierate in Altopiano di fianco alle truppe francesi in uno dei settori più critici.

Più precisamente il settore inglese era lungo circa 3 km e correva tra le cime di Monte Mazze, Cima del porco e Cima del fonte. Comprendeva anche la Valle di Granezza toccando quindi i punti cardini della difesa dell’ altopiano nelle vicinanze di Cesuna.

Fu proprio nel settore di Cesuna (Monte Lemerle e dintorni) che durante la battaglia del solstizio nel 1918 tutto il settore tenne l’ urto delle forze austro-tedesche grazie ai soldati di sua maestà.

Di notevole interesse è anche l’ aiuto fornito dall’ aviazione inglese per proteggere il vicentino. Gli aerei inglesi situati nei campi di volo di Grossa, San Pietro in Gu, Sarcedo e Villaverla operarono al meglio nei cieli vicentini. Vi furono anche numerosi “assi” inglesi, come William Barker che nel vicentino abbatté più di 50 aerei.

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Francesi, inglesi e italiani conversano davanti alla Basilica Palladiana, Vicenza 1917/1918.

(Copyright: ECPAD – “Grande Guerra britannici sull’altopiano dei sette comuni” di Francesco Brazzale e Andrea Vollman – Gino Rossato Editore )

Il campo trincerato di Vicenza – 1917 / 1918

Dopo il disastro di Caporetto, la ritirata delle truppe italiane sul Piave e la conquista di numerosi monti “chiave” sull’ altopiano di Asiago da parte delle truppe austro-tedesche, la popolazione e lo stesso Cadorna si trovarono a pensare ad una nuova linea di difesa. Basti pensare che nel solo altopiano in certi settori era solo una questione di pochi km nel scendere nella val Brenta e puntare Bassano.

Fu così deciso, nell’ Inverno 1917 – 1918 sfruttando lo stop invernale, di costruire un “campo trincerato” a Vicenza e dintorni per tentare di fermare il nemico in caso fosse riuscito a scendere in pianura. Fu progettato sotto gli ordini del Generale Pecori Giraldi, alla 10a armata francese. Il perimetro fu costruito su 3 linee difensive della città e una di estrema difesa a Monte Berico.

La linea più esterna (con funzione di protezione lontana dalla città) era a 4-5 km dalla linea periferica, la linea centrale con funzione di dare protezione alla riserva e di arresto in caso di sfondamento) a 2km da quella esterna e la linea interna (ultima difesa) a 1,5 km da quella centrale. Le linee erano tutte collegate tra loro anche grazie a strade costruite ad hoc.

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Sovrapposizione della mappa del campo trincerato del 1917 con Google Earth.

Tramite una lunga serie di trincee, capisaldi, nidi di mitragliatrici e postazioni per l’ artiglieria Vicenza si preparò quindi alla fatidica riuscita austro-tedesca di scendere in pianura.

In caso di sfondamento il Generale Girardi aveva così ipotizzato una possibile linea difensiva: Le truppe Francesi si sarebbero schierate da Priabona a Vicenza, gli inglesi da Vicenza a Montegalda  e le truppe italiane della 1 armata da Valdagno a Cornedo a Quaragnenta. Si era anche organizzato tutto il da farsi per sostenere la ritirata delle truppe dall’ Altopiano: Vennero fatti costruire nuovi ponti sull’ astico da Sarcedo a Breganze a Montecchio Precalcino fino a Sandrigo e altri 4 ponti nelle vicinanze di Bassano.

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Particolare delle fortificazioni del campo trincerato di Vicenza nella zona di Lisiera / Quinto vicentino.

(Museo del Risorgimento e della Resistenza Vicenza)

L’arrivo della neve a fine 1917 dopo il disastro di Caporetto diede uno stop alle operazioni in Altopiano. Di conseguenza all’ arretramento di tutto il settore, anche le posizioni sull’ altopiano ne risentì provocando un pericoloso arretramento.

 Le posizioni tenute dagli Italiani erano nell’ inverno 1917/1918:

  • Tre Monti prima del 24/12/1917 (Monte Val Bella, Monte Col del Rosso e Col d’Echele) che vennero persi la vigilia di Natale per poi essere riconquistati nel 1918.
  • Successivamente alla perdita dei tre monti: Cesuna – Kaberlaba – Monte Echar – Monte Costalunga – Val Bella – Col del Rosso.

Vicenza nella Grande Guerra – 1918

Con la conquista dei Tre Monti, le truppe austro-tedesche provarono a scendere nuovamente in pianura verso la Val Frenzela in direzione bassano del Grappa. Lo stato maggiore capì l’importanza strategica di quelle tre montagne così ci furono le varie battaglie dei Tremonti (28-31 Gennaio, 15-19 Giugno, 29-30 Giugno). Le zone di Asiago e Gallio con i loro monti diventarono tra le zone più “calde” dell’altopiano, dove si decidevano le sorti del fronte vicentino e di conseguenza le sorti dell’intera guerra.

La conquista di capisaldi chiave sui tre monti all’ indomani del 31 Gennaio 1918, non solo ebbe un eco nel tutto il vicentino ma fu, ricordiamo, la prima grande vittoria dopo la disfatta di Caporetto.

Vicenza intanto, al 4 anno di guerra, era riuscita ancora una volta a “scamparla” da una possibile invasione e occupazione. Anche i rapporti della popolazione con i soldati si fecero sempre più caldi. Un esempio è la cittadinanza onoraria che la città diede al Generale Pecori Girardi o le varie manifestazioni per le varie brigate che si immolarono a “difesa della città” e del paese.

L’ultima offensiva austro-tedesca sull’Altopiano di Asiago – 1918

Le truppe austro-ungariche tuttavia prepararono l’ ultima grande offensiva: La battaglia del solstizio. Dall’Astico al Piave raggrupparono tutte le truppe possibili per tentare di far capitolare definitivamente l’ Italia

Il 15 Giugno 1918, l’impero austro-ungarico tentò l’ultima grande offensiva. Dal Piave all’ altopiano di Asiago l’operazione investì duramente tutti i settori. Vennero ripresi i 3 monti, nel settore di Cesuna vi fu una breccia nel settore Austriaco e vennero persi il Monte Val Bella, Col Del Rosso. Anche sul Grappa vennero perse numerose posizioni chiave nel settore dei Colli Alti. Per posizioni anche sul Monte Pertica, Ca tasson, Soraroli, Monte Valderoa e alle porte di Salton.

Tuttavia nel giro di 24 ore grazie al fatto che il comando generale era venuto a conoscenza dell’ offensiva austriaca, in quasi tutto il settore vicentino si ristabilirono le posizioni antecedenti al 15 Giugno.

A fine Giugno 1918 gli Italiani riuscirono a conquistare definitivamente Col del Rosso, Monte Val Bella e Col d’Ecchele. Vennero riconquistati inoltre dagli Italiani i tre monti. Grazie all’ operazione Radetzky, Asiago, Gallio e Canove tornavano sotto il contro austro-ungarico.

Già alla sera del 20 Giugno 1918, l’ offensiva si può considerare conclusa. Con numerosissime perdite da entrambe le parti, l’ offensiva finale non prese lo slancio immaginato. I cittadini di Vicenza la sera del 27 Giugno improvvisano ovunque manifestazioni di gioia e patriottismo, tutta la città venne imbandierata con i tricolori. Ma anche gli alleati francesi e inglesi fecero la loro parte per arrestare il “nemico” e quindi non era inconsueto trovare per il centro della città anche bandiere alleate.

“… A nome delle sue brigate, e a nome mio, ringrazio e rinnovo il giuramento di Monte Berico: Di quì non si passa”

Generale Vaccari

Parlando di truppe alleate, non si può non ricordare la Croce Rossa Americana che con ospedali e posti di conforto (es. quello che c’era in stazione) aiutò non poco la sanità militare. Immaginiamo una Vicenza piena di reduci dai monti sovrastanti in festa con fanfare e musica da ogni dove. Anche il famoso teatro olimpico divenne sede di bande militari, tra cui quella francese.

Dell’amicizia italo-francese ricordiamo il 15 Luglio 1918, festa nazionale francese dove Piazza dei Signori venne invasa dai soldati d’ oltralpe e dalla popolazione.

Vicenza città “Ospedale”

Abbiamo più volte ripetuto ogni anno di guerra quanto Vicenza, si sia impegnata a sostegno delle truppe e in primis della sanità. Dobbiamo quindi fare un quadro generale.

Scuole, istituti religiosi e ville si trasformarono in ospedali, ospedaletti da campo e punti di ristoro. Possiamo indicativamente dare un numero sul numero di letti per i malati nel vicentino: circa 40.000. Numero effettivamente importante se pensiamo ai 140.000 presenti lungo tutto il fronte.

Anche la Croce rossa si impegnò attivamente riuscendo a organizzare 30.000 posti letto nel territorio. Gli alleati con i loro reparti di sanità completarono l’ opera di assistenza.

Di circa 2.790.703 feriti e malati che passarono per gli ospedali della zona di guerra nel periodo 1917-1918, circa 1 milione stazionò negli ospedali da campo, ospedali di tappa, ospedali di riserva ecc. del Vicentino.

Vediamo alcune sedi:

  • Seminario vescovile di Vicenza: Divenne l’ ospedale militare di riserva, iniziò ad operare già dal 24 Maggio 1915 fino al 28 Febbraio 1919 dove in tutta la guerra passarono ben 142.304 infermi.
  • Ex Manicomio provinciale: Iniziò ad operare nel Novembre del 1915 e ospitava 1000 letti.
  • Le scuole presenti a porta Padova, San Felice  e Santa Caterina: oggi scuola primaria G. zanella, Istituto Piovene, scuole Vicenza Uno e altri edifici nelle vicinanze diventarono ospedali.
  • Patronato Leone xii: L’ edificio in Contrà Vittorio Veneto, 1 divenne magazzino avanzato di sanità.
  • L’ istituto paritario “Farina”: Divenne ospedale e poi dal 1918 la gestione dell’ ospedale venne affidata alle truppe Francesi.
  • Villa Valeri e ca bianca: Lazzareto e convalescenziario.
  • Villa Rotonda: Croce Rossa Britannica
  • Istituto Rossi: Ospedale contumaciale Americano

In generale tutta la provincia si trasformò in un grande apparato sanitario sfruttando soprattutto ville e scuole pubbliche.

Per il 1918 troviamo attivi in diversi periodi:

13 Ospedali da campo da 50 letti: Sei della 2 compagnia sanità “Alessandria”, tre della 1 compagnia sanità “Torino”, due della 2 compagnia sanità “Bari” e due della 8 compagnia sanità “Firenze”.

44 ospedali da campo da 100 letti: Diciannove della 1 compagnia sanità “Torino”, diciotto della 5 compagnia sanità “Verona” e sette della 9 compagnia sanità “Roma”.

25 ospedali da campo da 200 letti: Dieci della 10 compagnia sanità “Napoli”, undici della 3 compagnia sanità “Milano”, quattro della 4 compagnia sanità “Piacenza”.

Totale: 82

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N.2 foto dell’ospedale militare di riserva, ex seminario. Vicenza 1918

(Copyright “Vicenza nella Grande Guerra”, De Mori)

La fine della guerra e i danni in città

Con un’estate calma, l’ultima fase della guerra iniziò con l’offensiva di Vittorio Veneto. Il 30 ottobre 1918 le truppe austro-ungariche si ritirarono da Asiago che quindi tornò definitivamente italiana.

Le truppe Italiane, francesi e inglesi sferrarono l’attacco il 1 Novembre 1918 in tutto l’altopiano, scontrandosi soprattutto nel settore Val d’ Assa – Monte Rasta – Monte Interrotto. Le truppe austro- tedesche dovettero ripiegare nell’ altopiano di Folgaria e Lavarone per tentare di resistere ancora. Ormai l’altopiano di Asiago era tutto sotto controllo Italiano. Arrivò dunque l’armistizio a Villa Giusti (Padova) il 4 Novembre 1918.

A fine 1918, vi fu una prima stima delle incursioni aeree austriache nel vicentino e i relativi danni. Secondo dati ufficiali Vicenza ebbe 15 incursioni/bombardamenti con 186 bombe cadute nel perimetro cittadino, 23 morti e 60 feriti. De Mori tuttavia, sottolinea che i dati furono sottostimati e delinea: una quarantina di incursioni con oltre 200 bombe, 75 feriti e 23 morti.

In tutta la provincia di Vicenza i morti per bombardamento aereo furono all’ incirca 200.

Il 4 Novembre 1918 la città si ritrova a festeggiare la fine della guerra; ricorda così Ulysse Rouchon:

“ In questo momento la basilica e la torre sono avvolte dalle fiamme dei bengala con fantastico effetto. Le linee così nobili dell’ opera del Palladio prendono una nuova vita sotto questo fulgore e pare che il passato si lievi per unirsi al presente onde celebrare con effusione questo storico istante. E’ veramente la “baldoria” generale, formidabile intraducibile.”

Ulysse Rouchon

La folla riunitasi in tutte le maggiori piazze con tutte le bandiere degli alleati quel giorno si diede alla pazza gioia con canti e musica in tutta la via per la tanto sognata fine delle ostilità. Tuttavia non passeranno nemmeno 25 anni quando l’ Italia e Vicenza scoprirono nuovamente e in forma maggiore un nuovo conflitto mondiale. 

La città di Vicenza fu decorata il 28 Marzo 1920 con la croce al merito di guerra e il 21 Settembre 1921 con la “croix de guerre” francese.

Vediamo dunque il valore dei danni per Vicenza:

Vicenza: abitanti 56.269
Danni agli immobili:Lire 826.950
Spese per rifugi, custodia e demolizione:Lire 285.000
Spese per assistenza alla popolazione:Lire 615.000
Danni ai mobili:Lire 950.000
Indennità vittime:Lire 690.0000
Indennità feriti:Lire 600.000
TOTALE:Lire 3.966.950
 (Da ricordare il valore della lira all’ epoca nel 1918 e non nelle ultime fasi prima dell’ euro)

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Fonti:

  • “Vicenza nella Grande Guerra 1915 – 1918” di Giuseppe de Mori.
  • “Vicenza e i suoi caduti 1848 – 1945” – Comune di Vicenza.
  • “Vicenza dentro la storia 1797 – 1945” – Comune di Vicenza.
  • “Grande Guerra, Britannici sull’ altopiano dei sette comuni” di Andrea Vollman e Francesco Brazzale.
  • “Grande Guerra, Francesi sull’ altopiano dei sette comuni” di Andrea Vollman e Francesco Brazzale.
  • “Guerra sull’altopiano” di Vittorio Corà e Mauro Passarin.
  • Bollettini ufficiali Regio Esercito
  • sanitàgrandeguerra.it – Associazione Storica Cimeetrincee

Copyright foto:

  • Foto copertina: free use Wikipedia, autore Francesco Ongaro
  • Foto miniatura: Copertina libro “Vicenza nella Grande Guerra”
  • Foto francesi e inglesi: ECPAD, “Grande Guerra britannici sull’altopiano dei sette comuni” di Francesco Brazzale e Andrea Vollman.
  • Foto varie: “Vicenza nella Grande Guerra” De mori.

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